Sviluppare la resilienza…in tempi di Covid 2.0

Quando ci si trova ad affrontare situazioni fortemente critiche si chiama spesso in causa il concetto di resilienza; ma cosa significa realmente il termine? E’ una caratteristica innata o può essere sviluppata? come può esserci di aiuto per affrontare con successo le difficoltà che la vita ci pone dinnanzi?
Il termine resilienza deriva dal latino resilire, rimbalzare saltare indietro, e ci si riferisce all’immagine della risalita su una barca dopo che questa è stata rovesciata dalla tempesta.
Il Covid 19 è stato da molti identificato come una sorta di “cigno nero” dal libro del matematico libanese Nassim Nicholas Taleb, ossia come un evento imprevedibile e di portata potenzialmente devastante che fa irruzione nella nostra vita costringendoci a rivoluzionarla.
Il Covid 19 ha letteralmente rovesciato la nostra vita e ci ha messo di fronte alla necessità di rimettere in discussione tutta una serie di aspetti della nostra esperienza quotidiana che davamo per scontati.
Ora che ci stiamo preparando ad affrontare la “seconda ondata” – in una condizione psicologica in cui siamo più stanchi ma anche più preparati – diventa fondamentale sviluppare e potenziare la nostra capacità di resistere, di rimanere sulla barca fronteggiando con successo i nuovi urti e le nuove fatiche a cui saremo sottoposti.
Gli studi e le ricerche in ambito psicologico, così come le biografie delle persone resilienti ci forniscono alcune indicazioni utili per fronteggiare gli eventi stressanti in maniera positiva riuscendo non semplicemente a tornare allo ‘stato precedente’ ma uscendone migliori, rafforzati, evoluti.

Di seguito ne riportiamo alcuni punti essenziali con l’auspicio che possano essere di beneficio ai nostri lettori:

  1. Prendere atto della ‘cruda realtà’ (senza colpevolizzarsi)

Molte cose ci sono state e ci saranno tolte dalla pandemia: libertà di movimento, vicinanza sociale, tranquillità in merito alla salute, sicurezza economica e prospettive sul futuro.
Situazioni come queste sembrano metterci di fronte alla prima delle 4 nobili verità del buddismo: la verità della sofferenza. La sofferenza è una realtà onnipervasiva della nostra vita che tocca tutti a prescindere da sesso, età, razza e religione.
La comprensione profonda di questa verità può aiutarci a non sentirci gli unici o i più sfortunati e a uscire dal ruolo di vittima impotente degli eventi.
Prendere atto della realtà vuol dire guardare in faccia alle cose ‘così come sono’ (senza negarle o drammatizzare) e chiederci cosa possiamo fare con quello che ci è rimasto piuttosto che recriminare o colpevolizzarci per quello che non abbiamo più.

  1. Focalizzarci su ciò che possiamo fare noi

Come dice Elena Malaguti, autrice di riferimento sul tema, “la resilienza non denuncia, la resilienza costruisce o ri-costruisce”. Per attivare questo processo costruttivo è importante che ognuno si focalizzi sulle proprie risorse e possibilità chiedendosi: cosa posso fare io di nuovo e di diverso? Che contributo posso dare con le mie capacità? Che soluzioni posso trovare per questa “nuova normalità”? Avere un locus of contro interno, sentire di poter fare qualcosa per influenzare la realtà piuttosto che semplicemente subirla è un potente attivatore della resilienza perché ci permette di focalizzarci sulla realtà agibile e di attivare le nostre risorse e potenzialità.

  1. Avere cura di noi stessi

Affrontare gli eventi stressanti conseguenti alla pandemia per un tempo così prolungato può portare a quella che viene chiamata “Pandemic fatigue”. Diventa pertanto fondamentale per affrontare la seconda ondata creare momenti di “stacco” in cui ridurre la pressione che esercitiamo su noi stessi, lasciando andare gli atteggiamenti richiestivi, giudicanti o auto-colpevolizzanti in favore di un atteggiamento benevolo e comprensivo verso sé stessi. Stiamo facendo del nostro meglio con le cose che abbiamo, per quello che possiamo, e possiamo volerci bene per questo.

  1. Attivare le risorse della rete di relazioni

Nonostante il mito occidentale dell’uomo forte e indipendente, noi siamo esseri interdipendenti: dipendiamo dagli altri e gli altri dipendono da noi.
Se vogliamo potenziare la nostra resilienza è molto importante quindi attivarci per potenziare la resilienza della rete di relazioni di cui siamo parte dando il nostro contributo attivo. Ad esempio possiamo esprimere gratitudine a coloro che ci sostengono (non dandoli per scontati) e dare il nostro contributo per aiutare chi è in difficoltà.

  1. Trovare il nostro “scopo nobile”

Le persone che hanno superato con successo situazioni traumatiche come catastrofi naturali, malattie o lutti di persone care hanno in comune il fatto di essere riusciti a dare un nuovo scopo alla propria vita, uno scopo che andasse oltre al proprio benessere egoistico ed edonistico. Questo scopo che potremmo chiamare “scopo nobile” può essere scoperto ponendoci le seguenti domande: Che contributo voglio lasciare con la mia esistenza agli altri? In che modo posso fare la differenza per le persone con cui sono interconnesso? Quando lascerò il posto in cui sono, come vorrei essere ricordato?

A cura di:

Nazareno Galieni

Psicologo – Psicoterapeuta
Consulente e formatore in ambito risorse umane
Docente presso Fondazione CUOA
  • Psicoterapia individuale, familiare e di gruppo
  • Consulenza per problemi in ambito lavorativo
  • Business e life coaching

 

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