Le difficoltà e disagi del figlio, un’opportunità per il genitore. (Un’opportunità da non perdere)

Seconda parte

“I difetti dei genitori possono generare ed essere con molta probabilità, all’origine dei difetti dei propri figli. Grandi o piccoli che siano, i genitori hanno il dovere di provare ad individuarli, nel tentativo di riconoscerli e di valutare le conseguenze che possono avere sui figli, perché con i ragazzi abbiamo il dovere, perlomeno di cercare di non sbagliare”.

E’ da questa essenziale convinzione esposta su questa rubrica nel mio precedente intervento, che vorrei ripartire per proporre un’ulteriore riflessione sulla consapevolezza che la maggior parte dei difetti dei nostri figli e figlie, ha origine dagli atteggiamenti, dalle reazioni e dai comportamenti di coloro che li ha generati. Senza voler addentrarmi nelle specificità di quei difetti che condizionano in modo significativo la crescita dei nostri figli (primo fra tutti, l’incapacità appresa e quindi l’impotenza ad amare), in questa occasione, seppur limitatamente al tempo e spazio concessimi, vorrei parlare di quanto possa essere importante per un genitore, fermarsi con il proposito di provare a dare un “significato” nuovo, diverso dal solito e da quello istintivo, ai comportamenti, reazioni ed atteggiamenti dei propri figli.
Nella mia esperienza, sia personale che professionale, ho conosciuto ben pochi ragazzi che si dichiarano completamente soddisfatti dell’educazione ricevuta (io e mia figlia tra loro). Quelli invece meno portati a criticare non sono sempre coloro che avrebbero meno da dire, ma sono spesso quelli le cui capacità critiche, nella giovinezza, sono state valorizzate al minimo, o per meglio dire soffocate. Le testimonianze degli interessati hanno un valore relativo, essendo inevitabilmente soggettive, ma è proprio questo che ci fa capire l’importanza del tentativo da compiere per provare a “sentire” e “guardare” i nostri figli in modo nuovo, diverso, nel momento in cui scopriamo o notiamo i loro disagi o difetti. Un difetto, dicevamo, non è un’imperfezione connaturale dell’essere, è bensì un modo particolare ed aberrante di reagire alle esigenze del mondo esterno. Rivela quindi difficoltà di adattamento, ed è per questo che possiamo dire che un bambino o ragazzo difficile è quasi sempre un bambino o ragazzo in difficoltà.
Poco tempo fa, una madre che per molti aspetti ritengo giusta e premurosa (la apprezzo anche perché mi ha trasmesso in modo sereno e costruttivo il proprio voler crescere ripartendo proprio dalle modalità educative ed affettive con le quali si è espressa per educare i propri figli), mi ha raccontato un po’ tristemente di come i suoi due figli, ormai uomini, le hanno confidato quasi assieme, di aver sofferto un tempo della predilezione verso l’altro che ognuno di loro aveva creduto di scoprire in lei. Le risposi: “Se ne consoli invece signora, pensi come queste rivendicazioni non siano altro che esigenza di tenerezza e di come i loro figli diano la misura del valore che attribuiscono a quest’affetto”. In questo caso i due rimproveri si annullano, ma in altri non si arriva ad una chiarificazione così completa, tanto che I genitori accusati, si sentono con dolore vittime di una grande ingiustizia. Vige infatti una legge quasi costante (che è poi la stessa sia per le ricchezze morali e per quelle materiali) nella quale i più incontentabili sono spesso proprio quelli che hanno avuto di più. E’ quindi evidente come frequentemente ci sarebbero molti malintesi da chiarire ed ecco perché un genitore dovrebbe innanzitutto riflettere su sé stesso, sulle proprie azioni e reazioni, in un processo di autoconoscenza che gli permetterebbe di far conoscere almeno una parte di sé stesso ai propri figli.
In un’altra occasione, una madre molto amareggiata per il comportamento della figlia mi disse: “Vorrei soltanto che mia figlia avesse dei figli simili a lei perché potesse capire quanti dispiaceri mi sta dando”. Tralasciando in questo caso, le origini di tali dolorose dinamiche, rimanendo sul tema dei significati e della consapevolezza, dobbiamo dire è raro che i figli, quando ancora piccoli, si riconoscano nei loro familiari e si accorgano di ripetere essi stessi, più di quel che non credano, il modo di fare, e quando ne capiti l’occasione, gli errori dei loro familiari. Tutto sommato, i malintesi continuano con la generazione che segue, con la sola differenza che le parti si invertono. Molti difetti dei genitori, sono dovuti quindi all’incoscienza. Nel tentativo di provare ad essere dei buoni genitori, bisognerebbe quindi essere continuamente consapevoli non solo di quello che avviene dentro di noi, ma anche di ciò che provavo coloro a cui ci rivolgiamo. E’ beninteso che il genitore perfetto non esiste, e che ognuno di noi non può che limitarsi a far del suo meglio cercando di capire il più chiaramente possibile. Saranno poi le riflessioni che aiutano a “significati” diversi, che ci aiuteranno ad individuare le tendenze da cui è bene difendersi e dai comportamenti da evitare con i propri figli. Noi genitori non dobbiamo drammatizzare le nostre imperfezioni in quanto esse rischiano di diventare davvero gravi soltanto se si pretende di travestirle da virtù. Non è il caso di disperarsi per il fatto di avere dei difetti, è umano averne, ma è pericoloso rifiutarsi di riconoscerli per quello che sono. L’onestà di riconoscerli, e la chiarezza interiore sono gli unici mezzi per attenuare le conseguenze. Questo perchè se non altro, impediscono di riversare sul figlio tutta la responsabilità del conflitto aperto o segreto che rischia di metterlo in contrasto con i suoi genitori. Questa umiltà e questa chiarezza sono del resto di per sé stesse qualità abbastanza elevate e rare per compensare numerosi difetti.

A cura di:

Natalino Trentin

Psicologo – Esperto in orientamento scolastico e professionale
  • Lavora in particolare con bambini, adolescenti, giovani adulti e, ove necessario, le loro famiglie come esperto di orientamento scolastico e professionale.
  • Si occupa anche di potenziamento cognitivo (metodo Feuerstein) e sta conseguendo un master per i DSA (disturbi specifici dell’apprendimento).

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