La pandemia, la guerra e il nostro equilibrio psicologico da preservare

Il periodo storico che stiamo attraversando è complesso e ci pone in una condizione di disorientamento e apprensione. Portiamo dentro di noi le tracce del malessere psicologico generato dal sopraggiungere della pandemia nel 2020 nonché la sensazione di essere stati derisi dalla speranza che avevamo coltivato circa la fine prossima della pandemia stessa. Pur se eravamo pronti a farlo, non possiamo allentare completamente le maglie delle tensioni accumulate negli ultimi due anni e ci sembra di non avere più risorse psichiche da impiegare per questa emergenza, quella della guerra poco distante da noi. Quest’ultima fa vacillare le certezze che stavamo ritrovando negli ultimi mesi alimentando vissuti di impotenza, ansia, tristezza, smarrimento e rabbia. Nel presente articolo evidenzieremo i punti salienti del percorso obbligato all’interno del quale la nostra psiche si è mossa durante gli ultimi due anni, mettendo in luce le difficoltà intrapsichiche che possono portare o aver portato a compromettere il benessere psicologico della Persona.

La pandemia ci ha riguardato tutti in prima persona, ci siamo ritrovati esposti ad un pericolo inaspettato che avvertivamo lontano e remoto e che invece da un giorno all’altro ci ha portato a dover cambiare drasticamente le nostre abitudini fino ad abbandonare le nostre routine. Siamo stati accumunati dal passaggio brusco tra due situazioni diametralmente opposte, in un movimento forzato, dai connotati fortemente dicotomici. Da una routine impregnata di tutto ciò che può far parte della quotidianità di una persona si è passati ad una totale rivisitazione delle agende lavorative, delle occasioni di divertimento e delle dinamiche relazionali e, molto spesso, la stessa libertà di valutare opzioni quotidiane è venuta a mancare. Abbiamo sperimentato, chi più chi meno, come la routine che sicuramente ha anche valenze disfunzionali per la persona, spesso ci “contiene”: rompere la routine significa mettersi in gioco, perdere quella stessa sicurezza che ci fornisce e trovare un nuovo equilibrio può essere un test difficile da superare. Tale passaggio obbligato, già di per sé disorientante, è stato accompagnato spesso anche da una forte paura di fondo per la propria salute, per la propria situazione economica, affettiva, famigliare tanto da trasformarsi, per molti, in angoscia. Un’angoscia alimentata anche dagli innumerevoli lutti che hanno colpito il nostro Paese e dei quali avevamo contezza attraverso i media.

Possiamo dire che la pandemia ci ha colti di sorpresa poiché non sapevamo bene di cosa si trattasse e cosa stesse effettivamente succedendo in estremo Oriente mente l’attuale conflitto in Ucraina si presenta come una minaccia incombente, già in essere non molto lontano da noi. Il conflitto non interessa direttamente il nostro Paese ma le informazioni e le immagini in circolazione della guerra facilmente assumono tratti minacciosi di un pericolo imminente. Se pensiamo al linguaggio che padroneggia oggi in relazione alla guerra in corso, è inevitabile notare come già in occasione della pandemia ci siamo ritrovati ad utilizzare ed ascoltare metafore belliche un po’ in tutti i contesti. A ben vedere la metafora è una figura retorica risultante da un processo psichico e linguistico attraverso cui prima si associano mentalmente due realtà differenti sulla base di un particolare sentito come corrispondente, poi si sostituisce la denominazione dell’una con quella dell’altra. Per questa sua caratteristica la metafora epidemia–guerra si è prestata facilmente, a tratti, ad equiparare una guerra a un’epidemia, inducendo a pensare che anche un conflitto armato sia una cosa “naturale” e che il suo impatto comporti in termini di vittime, sofferenza e conseguenze economiche qualcosa di analogo agli effetti di una pandemia. Con l’avvento della guerra in Ucraina questo vocabolario ha perso la sua valenza simbolica per tradursi ogni giorno brutalmente in realtà: ci sono soldati, nemici e armi vere. Ad un tratto abbiamo dovuto ricorrere al significato autentico di queste parole e constatare quanto diversa possa essere una pandemia da una guerra nella realtà dei fatti. Potremmo dire che il periodo, le tempistiche e la modalità con i quali si inscrive l’attuale conflitto nella nostra vita, attraverso notizie ed immagini ad esso relative, può indurre facilmente vissuti angosciosi derivanti da una forte ansia anticipatoria relativa ad avvenimenti ipotetici dai quali non vorremmo farci cogliere impreparati.
L’ansia anticipatoria descrive proprio la paura e la preoccupazione per le cose brutte che potrebbero accadere. La si può esperire in molti contesti ma comunemente si concentra su cose che non possiamo prevedere o controllare. Essere preoccupati per eventi futuri ipotetici o meno è normale, ma se le preoccupazioni prendono il sopravvento dilagando in varie aree del pensiero, allora possono trasformarsi facilmente in forme d’ ansia anticipatoria in grado di influenzare negativamente la nostra quotidianità. Essere pervasi da questa ansia può significare restare molto tempo ad immaginare gli scenari peggiori che finiranno con l’alimentare frustrazione e disperazione. Condizione, quest’ultima, nella quale è facile incorrere oggigiorno date le innumerevoli immagini che circolano sui media, specialmente sui social media.  Le immagini grafiche infatti sono fortemente collegate alla reattività psicologica e quindi potenzialmente responsabili di conseguenze negative sul benessere psicologico. In virtù di quanto detto sinora, l’attuale conflitto bellico in Ucraina può indurre una sintomatologia simile a quella dell’ansia anticipatoria. Si possono riscontrare difficoltà di concentrazione, difficoltà a gestire le emozioni e l’umore, intorpidimento emotivo, senso di impotenza, problemi somatici, problemi di sonno, difficoltà a recuperare uno stato di calma.
Per arginare ed evitare situazioni di ansia, angoscia e stress possiamo:
-. mantenere le cose in prospettiva riportando l’attuale conflitto nell’attuale contesto storico e geografico;
–  appropriarci di tecniche di rilassamento e/o mindfulness che ci aiutino a centrarci sul nostro “qui e ora” riducendo il livello di ansia;
– esercitare il controllo e la libertà di scelta nella nostra quotidianità, laddove possiamo;
– fare qualcosa di concreto per il popolo ucraino partecipando alle molteplici iniziative destinate ai rifugiati e ai civili presenti in Ucraina in modo da poter constatare l’utilità delle nostre azioni;
– limitare l’esposizione ai media decidendone a priori la frequenza;
– informarsi attraverso fonti attendibili.

In conclusione, come premesso all’inizio, la situazione attuale non è facile e la sua gestione emotiva è complessa. Sentirsi a tratti preoccupati, stanchi e disorientati è normale ma “consumare” energie preoccupandoci oltremodo per ipotetici scenari implica toglierne a ciò che possiamo realmente fare e potremmo ritrovarci a dire “… parte della mia vita è stata spesa a preoccuparmi di cose che non sono mai accadute”, come dichiarava Mark Twain.
In questo momento è bene cercare di essere presenti a sé stessi: per noi, per la nostra comunità e per quella che sta soffrendo.

A cura di:

 

Roberta Cicchelli

Psicologa – Psicoterapeuta – Psicosomatista
Specializzazione in psicoterapia e psicosomatica ad orientamento psicodinamico e psicoanalitico

Email: robertacicchelli@yahoo.it

Instagram: @Psychologici

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